Chiara è lì, cercate» La medium fa scoprire il cadavere nel lago

DERVIO (Lecco) — Sono passati quasi tre anni da quando, il 30 novembre 2003, si persero le tracce di Chiara Bariffi, 31 anni, di Bellano. Ieri l’auto e il corpo della giovane sono stati ritrovati a 122 metri di profondità nelle acque di fronte a Dervio. Dalla scomparsa si fecero svariate ipotesi e per un breve periodo si cercò la ragazza nelle scure acque del lago di Como, ma con poca convinzione. Tutto è cambiato dal 28 marzo scorso, quando Maria Rosa Busi, 55 anni, sensitiva bresciana si è interessata del caso. «Ho avuto delle visioni molto chiare — afferma la sensitiva —. Vedevo Chiara e parlavo con lei. Oggi sono felice perché le avevo promesso che l’avrei fatta ritrovare. Chiara voleva che i suoi genitori trovassero la pace, ho mantenuto fede al giuramento fatto a Chiara e alla sua famiglia. Questo resta comunque un giorno di dolore. Questa mattina alle sei sono andata al lago a meditare, c’erano delle forze negative che impedivano il ritrovamento, ma sapevo che oggi ci saremmo riusciti». Cercare nella zona indicata dalla sensitiva pareva a tutti tempo perso, perché pensare che un’auto potesse finire in quell’area a 140 metri di distanza dalla riva era assurdo. Maria Rosa Busi ha insistito, continuando a ripetere che la ragazza diceva di essere in quel punto, alla fine ha avuto ragione e i volti sbigottiti di chi ha ritrovato l’auto dicevano più di molte parole. Fondamentale per il ritrovamento è stato l’impegno dei volontari di ‘Welcome media’, dei sub del ‘Schwarzy esplorer team’ e del gruppo Soccorso di Sebino, che hanno creduto alla sensitiva e hanno portato avanti le ricerche per mesi. Antonio Ciaccio di ‘Welcome media’ racconta: «Con il robot abbiamo scandagliato tutta la zona di lago superando tante difficoltà». Anche Marco Arrigoni, capo del team sub spiega: «Fare immersioni a queste profondità è difficile, ma abbiamo creduto nella sensitiva e abbiamo voluto aiutare i genitori di Chiara che vivevano nel dubbio». Francesco Bariffi, 81 anni, padre della ragazza, spiega: «Devo ringraziare la Busi e i volontari che hanno cercato in un posto impensabile come questo. Se chi di dovere avesse dato ascolto alle nostre richieste, le ricerche nel lago si sarebbero fatte serie già nel 2003, ancora più a marzo quando la sensitiva ha indicato il punto in cui cercare ai carabinieri. Invece sono stati dei volontari a sostituirsi a chi avrebbe dovuto cercare e a loro va il mio grazie. I carabinieri hanno preferito credere a una persona che diceva di aver visto mia figlia a Mestre per dire che era fuggita». Francesco Bariffi da quattro mesi assisteva da riva alle ricerche fatte con i robot e dai sub, non ha mai desistito e racconta: «Oggi è un giorno di dolore perché abbiamo perso ogni speranza che Chiara possa essere viva. Nel contempo avremo una certezza e una tomba su cui pregare. Non so che cosa provo esattamente in questo momento, ma ora c’è solo dolore e non più un’incertezza logorante». Il ritrovamento è stato effettuato dal robot ‘Mercurio’ del Soccorso Sebino. Remo Sonetti, presidente del gruppo, afferma: «Ci sono state tante difficoltà in questa ricerca, ma abbiamo battuto la zona indicata dalla Busi e abbiamo trovato l’auto alle 9.40». «Ho visto subito l’auto — racconta il volontario che comandava il robot —. Il colore era quello giusto, poi abbiamo verificato la targa. Insomma, non c’erano dubbi. All’interno del veicolo, sui sedili posteriori, abbiamo individuato quello che pare essere il corpo della ragazza». Stamani alle 8 prenderanno il via gli interventi per il difficile recupero della macchina, affondata nella melma vischiosa del lago che s’è tenuto stretto il suo segreto per quasi tre anni.

Notizie tratte da "La Nazione"   di Stefano Cassinelli

 

Motivi per dubitare

Se si va a guardare meglio, in realtà, si scopre che le cose stanno in maniera un po’ diversa. Innanzitutto, non è vero che le ipotesi su dove fosse scomparsa fossero così vaghe e generiche: all’epoca, infatti, i carabinieri ipotizzarono: 1) che la donna e la sua auto fossero finite nel lago; 2) che ci fossero cadute perché probabilmente la ragazza si voleva suicidare e 3) che l’auto fosse scivolata proprio nella stessa area in seguito indicata anche dalla veggente.

La sera del 30 novembre 2002, Chiara Bariffi era uscita con alcuni amici. Verso le 2,30 ha manifestato l'intenzione di tornare a casa. Un amico l'ha accompagnata alla sua auto. Dopo un saluto, alle 3 si è allontanata, scomparendo senza più lasciare tracce. Avrebbe dovuto percorrere solo quattro chilometri di lungolago per arrivare da Dervio a Bellano (Lecco).

All’epoca, la stessa madre, parlando con i giornalisti di Chi l’ha visto?, aveva pensato al peggio: "Ho cominciato a fare un'ipotesi tragica perché ho pensato che fosse sparita nel lago, dove l'acqua è molto alta”. A 25 anni Chiara era andata a Londra per imparare l'inglese. Dopo tre anni era tornata, delusa da quell'esperienza. A proposito del suo rientro da Londra il padre ha raccontato: "All'inizio sembravano tutte rose e fiori. Poi deve aver fatto delle esperienze tutt'altro che buone. Si sentiva perseguitata da alcune persone che aveva conosciuto là. Era convinta che ci fosse un inglese che l'aveva seguita qui, ma con intenzioni cattive". Era seguito un periodo di disagio, dal quale stava uscendo anche con l'aiuto di alcuni amici.

A suo tempo, gli inquirenti avevano ristretto a quattro i punti dove Chiara avrebbe potuto decidere di lanciare l’auto nelle acque per farla finita senza lasciare tracce. Sono altrettanti scivoli per l’alaggio delle barche. In effetti, il luogo del ritrovamento è risultato essere un punto noto per la sua pericolosità, dove già in passato avevano trovato la morte alcuni automobilisti e dove era stato anche ritrovato il cadavere di un rapito.

Risulta evidente a questo punto che la notizia appare meno clamorosa di quanto sembrava all’inizio: che Chiara fosse finita nel lago di Como, e non a Venezia o chissà dove, lo si sapeva già: era infatti l’ipotesi più probabile, quella seguita subito dalle forze dell’ordine e immaginata anche dai genitori. Inoltre, la zona ristretta della scomparsa (meno di 4 chilometri) ridimensiona anche la

 

Chiara Bariffi

precisione delle indicazioni della sensitiva.

Forse la signora Busi, nel tentativo di rendersi utile, si è informata sul caso (le informazioni che abbiamo indicato erano tutte disponibili su Internet, in particolare sul sito di Chi l’ha visto? e poi ha provato a fare un’ipotesi plausibile, che si è rivelata corretta. D’altro canto, la sensitiva aveva dato le sue indicazioni diversi mesi fa e, in tutto questo tempo, i sub hanno continuato a perlustrare il lago: dunque, se ci sono voluti dei mesi, non doveva essere poi così precisa la “visione” della veggente.

D’altra parte, potrebbe anche darsi che la signora Busi abbia davvero il dono della “chiaroudienza”, come dice lei, che sentirebbe cioè le voci dei morti. Un piccolo controllo sui suoi precedenti, però, non sembra confermare questa dote: quando, per esempio, aveva guidato una squadra di operai nel giardino del Vittoriale, alla ricerca del misterioso “Oro di Dongo” (casse di oro, gioielli e documenti che Mussolini avrebbe avuto con sé durante la fuga) che lei “sentiva” essere là, la spedizione si risolse in un fallimento. Stesso risultato quando si trattò di trovare altre persone scomparse.

Un caso simile

Il caso di Como ricorda molte altre vicende di “veggenti detective”, sensitivi cioè che si dice avrebbero aiutato la polizia a ritrovare persone scomparse o a scoprire colpevoli di delitti. In realtà, ogni volta che è stato possibile condurre delle verifiche queste notizie si sono sempre rivelate gonfiate e approssimative.

Di un caso molto simile, per esempio, mi ero occupato personalmente alcuni anni fa. Il 14 febbraio 1991 il settimanale Visto, pubblicava un articolo intitolato: “Sentiva che Luca era lì, in fon1o al mare”. La storia era quella di un ragazzo livornese, Luca del Gamba, che era andato a pescare col cognato Paolo Falleni su una scogliera poco fuori Livorno. Era il 5 gennaio, una giornata fredda ventosa e, forse anche per colpa del vento, il ragazzo aveva perso l’equilibrio ed era scivolato in mare scomparendo tra le onde. Immediatamente vigili del fuoco e sommozzatori si erano dati da fare per cercare il corpo ma senza successo.

Secondo i giornali locali, “i Vigili del fuoco avevano scandagliato e setacciato ogni tratto di mare. Nessun risultato lungo costa e al largo, nella sabbia e tra gli scogli. È allora che il padre dell’annegato decide di chiedere l’aiuto di una sensitiva di Como, Amalia Agostena. La donna si concentra su una fotografia del ragazzo e disegna il profilo della costa indicando il punto in cui il corpo si sarebbe impigliato a 300 metri dalla riva… Amalia Agostena ha indicato il punto esatto dove si trovava il cadavere in un tratto di mare già scandagliato senza risultato” e Visto confermava che era stata la donna a indicare “esattamente ai sommozzatori dove recuperare l’annegato”.

Insieme al padre del ragazzo la medium saliva su una motovedetta dei Vigili del fuoco. “Vigili e sommozzatori sembravano scettici”, raccontava nell’intervista di Visto la signora Agostena, “tuttavia mi dissero di indicare io la direzione da prendere. Io l’indicai. Durante il percorso riconobbi la roccia dalla quale i due cognati erano caduti (l’avevo “vista” mentre mi concentravo) e aggiunsi che quel tratto di mare nascondeva ancora i corpi di due persone, un uomo e un ragazzo annegati e non ancora ritrovati. Era tutto esatto, e questo lasciò stupefatti i vigili. A un certo punto sentii che c’eravamo. Dissi che Luca aveva avuto un colpo alla testa e altri al torace (infatti quando fu ritrovato aveva alcune costole rotte e una ferita al capo)... Luca era lì, ne ero sicura”. Poco distante il corpo veniva a galla ed era recuperato dai Vigili. Un nuovo successo si aggiungeva alla lista della sensitiva di Como.

Per verificare i fatti, avevo semplicemente chiesto conferma di quanto scritto al Comandante dei Vigili del Fuoco di Livorno, il dr. Fabrizio Ceccherini, che mi aveva spiegato come la zona del ritrovamento non era stata affatto scandagliata in precedenza: “L’area prospiciente il luogo del sinistro era stata divisa in settori e scandagliata a scacchiera con successive immersioni effettuate secondo direttrici “a pettine””.

“Il preordinato programma di lavoro”, continuava Ceccherini, “prevedeva, il giorno del ritrovamento del cadavere, l’estensione delle ricerche alla zona in questione”. Era evidente che la zona del ritrovamento non era stata esplorata dietro precisa indicazione dalla sensitiva ma rientrava nel piano di ricerca dei Vigili. Il Comandante aveva aggiunto: “l’ipotesi dell’affioramento spontaneo del cadavere era stata comunque valutata e ritenuta probabile in relazione al periodo trascorso rapportato alla temperatutra dell’acqua che poteva aver influito nei processi di decomposizione organica”.

In conclusione, quale era stato il ruolo della sensitiva nel ritrovamento del corpo del ragazzo? Per il Comandante Ceccherini “la signora Agostena è stata ammessa a bordo dell’unità nautica soltanto in qualità di ospite dei familiari del defunto ed esclusivamente per ragioni umanitarie e di rispetto del dolore dei parenti, senza nessun ruolo operativo”.

Un invito ai sensitivi

Dunque, in quel caso l’utilità della sensitiva era stata nulla: ciò nonostante, la signora Agostena era stata brava a capitalizzare sul fatto di essere presente al momento del ritrovamento per aggiudicarsene il merito.

Ci auguriamo che in questo caso non sia successo qualcosa del genere, e speriamo che gli approfondimenti di indagine che abbiamo in programma per i prossimi giorni ce lo possano confermare.

Tuttavia, ricordiamo che, a tutt’oggi, nessun veggente o sensitivo è mai riuscito a dimostrare la veridicità di tali facoltà paranormali in condizioni di controllo, in condizioni dove cioè sia possibile escludere il caso o la frode. E’ sempre in palio un premio da un milione di dollari per la prima persona che ci riuscirà e non potremmo che essere felici se la signora Busi volesse tentare di portarselo a casa (anche solo per donarlo in beneficienza).

Massimo Polidoro